Il Natale al tempo della pandemia è ‘solitario e costoso’, a confermarlo sono le
statistiche del settore del
lavoro domestico. Milioni di anziani in difficoltà, non solo quest’anno, resteranno soli per le feste. Solamente l’8,1%, secondo le stime del
Rapporto annuale DOMINA sul lavoro domestico 2020, può permettersi di pagare una badante a tempo pieno (40 ore di lavoro la settimana) facendo affidamento unicamente sulla propria pensione.
Per gli 849mila
lavoratori domestici regolari, le famiglie italiane hanno speso quasi 440 milioni di euro in
tredicesime. A questi si devono aggiungere le mensilità di dicembre e, laddove richiesto, un anticipo di Tfr. Se consideriamo anche la componente irregolare, le famiglie potrebbero spendere a dicembre fino a un miliardo di euro (due miliardi se consideriamo anche lo stipendio mensile).
Il punto di vista delle associazioni datoriali
Il
Pil annuale garantito dalle retribuzioni di colf e badanti è pari a 18 miliardi di euro di valore aggiunto, tenendo conto del lavoro regolare e irregolare. Le famiglie spendono ogni anno, di media, 7,1 miliardi di euro per le retribuzioni dei lavoratori domestici regolari (Tfr e Inps inclusi) e 8,1 miliardi per quelli irregolari.
Nei decreti ristori non è previsto alcun sostegno al reddito dei lavoratori domestici. E nemmeno nella legge di bilancio in discussione in Parlamento.
Lorenzo Gasparrini, segretario generale
DOMINA, esprime “forte preoccupazione per la situazione di solitudine degli anziani e di difficoltà economica delle famiglie”. Continua: “Prevedere con urgenza l’obbligo per tampone rapido in caso di rientro delle badanti straniere dalle ferie nei loro Paesi d’origine. Il Governo dia sicurezza alle famiglie e ai nostri cari”.
Parola ai sindacati
Il punto di vista dei sindacati dei lavoratori non è molto diverso da quello dei datori di lavoro. Per
Mauro Munari, tesoriere nazionale Uil Tucs, “il settore, da sempre, è poco tutelato. Una serie di elementi lo rendono fragile: innanzitutto il datore di lavoro è una famiglia, dunque non ha la solidità di un’azienda. E poi il
rapporto di lavoro non ha le stesse tutele dei rapporti classici, a cominciare dalle modalità di licenziamento”. Tra le fragilità legate al
lavoratore, la forte componente straniera (il 70,3%, secondo il Rapporto DOMINA 2020) che vive spesso in condizioni di necessità e di esclusione dal contesto sociale. In molti casi, nonostante anni di lavoro in Italia, questi lavoratori non possiedono nemmeno il permesso di soggiorno.
E qui si apre il tema delle
regolarizzazioni: “ci vorrebbe una lungimirante politica di gestione dei
flussi migratori e di integrazione degli stranieri, che oggi latita”, prosegue Munari. Per favorire l’emersione del lavoro nero e del lavoro irregolare, è fondamentale riconoscere alle lavoratrici e ai lavoratori del settore domestico il trattamento economico della malattia e della maternità come per i lavoratori degli altri settori. È inoltre rilevante agire sulla leva economica “consentendo la deduzione del costo del lavoro alle famiglie” che applicano integralmente il contratto collettivo di lavoro del settore.
Il
Rapporto DOMINA 2020 quantifica i benefici economici per le casse dello Stato di una
riforma fiscale di questo tipo. Le proposte DOMINA sono semplici ed efficaci: retribuzione deducibile al 15% per le
colf e al 30% per le
badanti, contributi deducibili al 100%, regolarizzazione con permesso di soggiorno temporaneo specifico per il lavoro domestico, trasmissione all’Agenzia delle Entrate da parte dell’Inps del dato economico retributivo del lavoratore. Se venissero accolte, emergerebbero potenzialmente
1,15 milioni di rapporti di lavoro. E il gettito fiscale salirebbe da 1,5 a 2,1 miliardi di euro.
In attesa di politiche nazionali che tutelino e rafforzino il settore, Munari ribadisce l’importanza degli
Enti bilaterali gestiti dalle parti sociali, CassaColf e Ebincolf: “assicurano prestazioni concrete e reali, a vantaggio dei lavoratori, dei loro assistiti e delle famiglie”.
Redazione DOMINA
26/12/2020