COVID-19: dal governo, nessuna risposta per il lavoro domestico

Inevase le richieste di sostegno per datori e lavoratori domestici.

Con Rosaria Romani, dello studio Montemarano, avvocato Federcolf, facciamo un primo bilancio delle richieste inevase del settore al tempo del Covid-19

Primo bilancio delle istanze delle parti sociali fatte al governo per sostenere datori e lavoratori domestici in questo periodo di emergenza sanitaria ed economica: nessuna risposta sulla richiesta di priorità per le vaccinazioni delle badanti, nessuna indennità dalla scorsa primavera, nessuna soluzione logistica per isolare i contagi.
“L’unica tutela per i lavoratori, al tempo della pandemia, è l'indennità di malattia Covid fino a 40 euro per ogni notte di ricovero garantita da CassaColf, la cassa privata del settore”, afferma Rosaria Romani, avvocato Federcolf. “Fin quando non verranno accolte le nostre proposte, rimarranno solo chiacchiere. Indubbiamente non c’è  grande attenzione per il lavoro domestico”, commenta Romani. Ancora troppi datori di lavoro non versano i contributi contrattualmente obbligatori a CassaColf, ma si limitano a versare gli oneri previdenziali all’Inps: “per CassaColf bastano pochi spiccioli: 6 centesimi per ogni ora di lavoro, di cui 4 a carico del datore e 2 a carico del lavoratore. Garantirebbero i lavoratori in caso di malattia, perciò intendiamo sensibilizzare i datori anche attraverso lo spot trasmesso dai canali RAI”, continua l'avvocata.
 

La spesa delle famiglie per il lavoro domestico

Questa lentezza del governo nelle risposte non ha alcuna giustificazione: le famiglie italiane nel 2019 hanno speso 15,1 miliardi di euro per il lavoro domestico, facendo risparmiare allo Stato ben 10,9 miliardi in assistenza. Le cifre sono in crescita rispetto al 2018, quando la spesa è stata di 14,9 miliardi e il risparmio per le casse pubbliche 9,7 miliardi. I dati sono pubblicati nel Rapporto 2020 sul lavoro domestico, realizzato dall’Osservatorio nazionale DOMINA.
 

COVID-19: Urgenti soluzioni per i lavoratori domestici positivi

Il problema logistico, sollevato quest’estate da sindacati e associazioni datoriali, è uno dei più urgenti, ma ancora irrisolti. L’avvocata di Federcolf lo sintetizza bene: “da mesi chiediamo al governo di individuare strutture - alberghi, edifici residenziali inutilizzati - da mettere a disposizione di quei lavoratori domestici conviventi che devono essere isolati perché positivi al Covid”.

Il Rapporto DOMINA sul lavoro domestico stima che in Italia ci siano almeno 290mila badanti che vivono nella stessa abitazione dei loro assistiti, il 34% degli 850mila lavoratori domestici regolari. Il problema si ripercuote anche sui datori di lavoro: se, come succede nella stragrande maggioranza dei casi, non possiedono dependance o altri appartamenti, l’unica soluzione che si prospetta è il licenziamento del dipendente positivo.

Lorenzo Gasparrini, segretario generale DOMINA, condivide il pensiero di Federcolf e chiosa: “possiamo affermare che in questi mesi il settore del lavoro domestico non ha ricevuto un trattamento alla pari rispetto agli altri settori produttivi e, quindi, che i lavoratori e i nostri datori di lavoro abbiano subito una discriminazione. Si tratta evidentemente di una violazione di quel ‘principio di equivalenza’ più volte ribadito dall’ILO, oltre che dalle Parti sociali firmatarie del contratto nazionale di categoria”.
 

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