Parlando di lavoro domestico, un tema di grande rilievo riguarda l'emersione del
lavoro nero. Se le sanatorie hanno in molti casi favorito la
regolarizzazione di colf e badanti, è innegabile che questa pratica sia rimasta largamente diffusa. Soprattutto tra i lavoratori che svolgono poche ore, come baby-sitter o addetti alle pulizie. Si tratta di un fenomeno che ha un impatto anche sulla collettività, in termini di mancato gettito fiscale e minori tutele per entrambe le parti.
Secondo l'opinione degli esperti, la crisi degli ultimi anni ha portato ad un aumento del lavoro nero, inducendo molti lavoratori a svolgere mansioni non regolarizzate. In forte aumento anche la cosiddetta "
zona grigia", ovvero lavoratori formalmente in regola che però svolgono ore aggiuntive in nero oltre a quelle previste.
Va detto che con la crisi sono diminuiti gli aiuti pubblici alle
famiglie che invece, paradossalmente, ne avrebbero più bisogno. Secondo le risposte degli esperti, il
lavoro nero incide per il 54% sul totale del lavoro domestico. Ciò significherebbe che, agli oltre 800 mila lavoratori domestici regolari in Italia, bisognerebbe aggiungerne altrettanti non ancora regolarizzati. I professionisti del settore individuano nelle
misure economiche la soluzione più indicata per contrastare il fenomeno. Si ricorda che nel lavoro domestico, ai sensi dell'art. 23 del DPR n. 600/1973, il
datore non è sostituto d'imposta e quindi non ha l'obbligo di trattenere e versare le ritenute fiscali.
TUIR e importi
In materia di deducibilità e
detraibilità delle spese sostenute, la
normativa di riferimento è il TUIR. L’art.15, comma 1, TUIR prevede la detraibilità delle spese sostenute per gli addetti all'assistenza personale nei casi di non autosufficienza. L’articolo 10, comma 2, TUIR prevede la deducibilità dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro versati per gli addetti ai servizi domestici e all'assistenza personale o familiare.
Di fatto, la norma prevede la deducibilità: per gli addetti ai servizi domestici, vale a dire i soggetti che prestano un’attività lavorativa continuativa esclusivamente per la necessità della vita familiare del datore di lavoro (collaboratrice polifunzionale, baby-sitter, autisti, giardinieri, governante, ecc.); per gli addetti all’assistenza personale o familiare, vale a dire per i soggetti che provvedono alla cura delle persone del nucleo familiare (assistenza a persona autosufficiente e non autosufficiente).
Il datore di
lavoro potrà dedurre solo la parte di contributi di propria competenza e fino ad un importo massimo di € 1.549,37. Qualora non venga trattenuta nella busta paga la quota contributiva a carico del proprio collaboratore, il datore di lavoro potrà portare in deduzione solo la parte di propria competenza.
Poiché si applica il criterio di cassa, si devono considerare soltanto gli importi pagati nell'
anno fiscale: di regola si sommano i contributi dell'ultimo trimestre dell'anno precedente e i primi tre dell'anno oggetto di dichiarazione. Quando parliamo di
oneri deducibili, si intende per esempio, contributi previdenziali e assistenziali obbligatori e volontari. In merito alla
detrazione, i soggetti disabili, o quei soggetti indicati nell'art. 433 c.c., nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, che pagano gli addetti all'assistenza personale (cd. badanti), hanno diritto a detrarre le spese sostenute nella percentuale del 19% calcolabile su un ammontare di spesa non superiore a 2.100 euro, purché il
reddito del contribuente non sia superiore a 40.000 euro.
Per approfonimenti sul tema consigliamo la consultazione del
Dossier DOMINA n.2.