Il
rapporto di lavoro domestico è assolutamente peculiare rispetto ad altri rapporti di lavoro per diversi ordini di motivi. È doveroso dire che i cambiamenti sociali ne hanno alterato profondamente i confini e le caratteristiche.
Storicamente il ricorso al lavoro domestico era appannaggio di
classi sociali alte: il rapporto datore/lavoratore era un rapporto pre-moderno, di servitù, e non c’era nessun tipo di riconoscimento dei
diritti del lavoratore. Anche dal punto di vista “nominale”, negli anni Cinquanta e Sessanta, le lavoratrici domestiche venivano ancora definite “servette”, fino a quando, grazie all’impegno e al duro lavoro delle lavoratrici stesse, non si è incominciato a parlare di
Collaboratrici Familiari (COLF).
Oggi il quadro generale è completamente mutato: il lavoro domestico si è diffuso nella società e le
famiglie che vi ricorrono si differenziano per possibilità economiche e necessità. Ma se da una parte le
condizioni di lavoro sono migliorate, dall’altra non risultano ancora pienamente soddisfacenti. Infatti, a differenza di altri settori in cui, all’aumentare della domanda ha corrisposto un miglioramento delle condizioni di chi rappresenta “l’offerta”, nel lavoro domestico ciò non è accaduto del tutto. Spesso la condizione di maggiore debolezza sociale e materiale di una parte del comparto datoriale viene scontata proprio dai lavoratori, con crescenti fenomeni di precarizzazione, salari al disotto dei minimi sindacali e
lavoro in nero. Questi processi sono rafforzati da una diffusa tendenza presente nella società italiana a non considerare il lavoro domestico come un lavoro dotato della stessa dignità di altri lavori.
I
datori di lavoro, oggi, sono spesso persone impreparate a svolgere tale ruolo. Le famiglie si trovano alla loro prima esperienza “datoriale” e non sanno come comportarsi; non conoscono i propri obblighi né i riferimenti normativi che regolano il lavoro domestico. Così ci si affida al “passaparola” e al “sentito dire”, con ulteriori ripercussioni negative sul piano del riconoscimento della dignità e dei diritti dei lavoratori.
Compito dei sindacati e delle associazioni di categoria deve essere, quindi, quello di continuare ad
informare e a “fare cultura” con lo stesso impegno con cui lo hanno fatto le prime coraggiose colf che hanno dato vita ai movimenti organizzati della categoria.
Rita De Blasis è Segretario Generale di
Federcolf. L'intervisa è stata pubblicata nel
Dossier DOMINA n.10 dal titolo "
Vertenze nel lavoro domestico:il confine tra legalità e necessità".