Fenomeno badanti in Italia. L'impatto nei Paesi d'origine

Gli effetti economici e le ricadute sociali

L’Osservatorio nazionale DOMINA sul lavoro domestico ha riscontrato che negli ultimi vent’anni la presenza di lavoratori stranieri (soprattutto lavoratrici) ha rappresentato un bacino molto importante per il settore. In particolare, la componente più numerosa è quella dell’Est Europa, tanto che ad oggi i lavoratori di quell’area rappresentano il 30,4% tra i collaboratori familiari (colf) e il 52,2% tra gli assistenti familiari (badanti).

Se dal punto di vista del Paese di destinazione conosciamo bene l’impatto socio-economico di questa presenza, sono spesso sottovalutate le conseguenze per i Paesi d’origine.
Innanzitutto, bisogna sottolineare che si tratta di una presenza prevalentemente femminile: le donne rappresentano il 90,7% tra gli italiani e l’87,9% tra gli stranieri, con punte del 96,6% tra i domestici dell’Est Europa.

Componente femminile per nazionalità dei lavoratori domestici


L’impatto economico: le rimesse nei paesi di origine


Essendo il fenomeno dovuto principalmente alla necessità economica della famiglia, il primo effetto è il trasferimento di denaro dall’Italia verso i Paesi d’origine. Tali trasferimenti, registrati sotto il nome di “rimesse”, rappresentano per molti Paesi una fonte significativa di reddito. Le rimesse hanno la caratteristica di andare ad incidere direttamente sui bisogni primari delle famiglie (consumi, spese sanitarie, istruzione), mentre si traducono in misura molto marginale in risparmio o investimenti.

Rapportando i flussi in entrata rispetto al PIL nazionale, l’Osservatorio DOMINA è arrivato alla conclusione che per molti Paesi le rimesse rappresentano una fonte importante: sfiora il 16% del PIL la Moldavia, mentre superano il 10% Georgia, Senegal e Ucraina. Le rimesse ricevute superano l’8% del PIL anche per Filippine, Pakistan, Sri Lanka, Albania e Dominica.

Osservando i dati 2020 sui flussi di denaro inviati dall’Italia, le prime destinazioni sono il Bangladesh (707 milioni, 10,5% del totale rimesse), la Romania (604,47 milioni, 8,9% del totale) e le Filippine (449,29 milioni, 6,6%).

Componente femminile per nazionalità dei lavoratori domestici

Inoltre, a partire dai dati Istat Rcfl, L’Osservatorio DOMINA ha stimato, per ciascuna nazionalità, l’incidenza dei lavoratori stranieri sul totale degli occupati[1]. Mediamente i lavoratori domestici rappresentano quasi un quarto di tutti gli occupati stranieri. Tra alcune nazionalità, addirittura, i lavoratori domestici rappresentano oltre il 50% degli occupati: è il caso di Ucraina (59,0%), Georgia (64,5%), Filippine (58,9%) e Sri Lanka (54,3%). Per altre comunità, invece, la componente di lavoratori domestici è più bassa.

Sulla base di questi dati è possibile stimare, infine, la quota parte di riconducibile ai lavoratori domestici per ciascun Paese. Complessivamente, dunque, possiamo
stimare che le rimesse inviate in patria dai lavoratori domestici italiani siano oltre 1,6 miliardi, pari a quasi un quarto delle rimesse complessive.


Componente femminile per nazionalità dei lavoratori domestici


Ricadute sociali: gli orfani bianchi e la Sindrome Italia

Oltre al dato economico, è opportuno considerare le ricadute (negative) dell’emigrazione di donne sole, disponibili a lavorare presso l’abitazione di anziani e non autosufficienti. Questo processo ha determinato nei Paesi d’origine il fenomeno dei cosiddetti “orfani bianchi”, ben raccontato dall’omonimo romanzo di Antonio Manzini[2] e da numerosi reportage[3]. Secondo i dati Unicef riportati dall’Osservatorio DOMINA[4], sarebbero almeno 350mila in Romania e 100mila in Moldavia.

Bisogna considerare gli effetti sulla psiche delle lavoratrici, lontane dai propri affetti e a stretto contatto con situazioni di malattia e sofferenza. Lo stress e la privazione di relazioni affettive contribuiscono a sviluppare una forma di depressione nota col nome di “Sindrome Italia”, che si traduce in disturbi d’ansia, attacchi di panico, insonnia e depressione.

Orfani bianchi e Sindrome Italia sono due facce della stessa medaglia, il prodotto di un’emigrazione dettata da una crisi economica e da una mancanza di welfare che obbliga le famiglie a dividersi per garantire una vita dignitosa ai figli[5].

Secondo Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di DOMINA, “la presenza di lavoratrici e lavoratori stranieri nelle case delle famiglie italiane è divenuta fondamentale per la cura di bambini e anziani e per la gestione della casa. È importante che i lavoratori e le lavoratrici mantengano un legame con la propria famiglia d’origine e soprattutto con i propri figli, anche attraverso le nuove tecnologie: in questo senso va la campagna DOMINA[6] organizzata in collaborazione con ILO e Caritas.


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[1] Dati Istat Rcfl 2020 (sottocampione dell’indagine Istat Rcfl). Considerate le voci “Professioni qualificate nei servizi personali ed assimilati” e “Personale non qualificato addetto ai servizi domestici”
[2] A. Manzini, “Orfani bianchi”, ed. Chiarelettere, 2016
[3] F. Battistini, “Sindrome Italia, nella clinica delle nostre badanti”, Corriere della Sera, 2016  https://www.corriere.it/elezioni-europee/100giorni/romania/
[4] https://associazionedomina.it/campagne/orfani-bianchi/
[5] Cfr. DOMINA Dossier 11 “L’impatto socio-economico del lavoro domestico nei paesi d’origine” https://www.osservatoriolavorodomestico.it/dossier
[6] https://associazionedomina.it/wp-content/uploads/2021/05/flyer-orfani-bianchi.pdf

 

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