Il lavoro domestico e l'attività di vigilanza

Leonardo Alestra, Direttore generale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro

L'attività di vigilanza e di controllo nel settore del lavoro domestico
 

Intervista a Leonardo Alestra, Direttore generale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Estratto del secondo Rapporto Annuale DOMINA sul lavoro domestico).

Il lavoro irregolare è presente, in misura significativa, se non prevalente, anche nell’ambito dei lavori domestici. Forse ancor meglio di altre, l’attività lavorativa resa in ambito familiare si presta a forme di lavoro “nero”, anche in ragione della maggiore difficoltà di accertamento degli illeciti attraverso controlli “a sorpresa”, più agevoli in altri contesti.
Va infatti ricordato che, sebbene abbiano “facoltà di visitare in ogni parte, a qualunque ora del giorno ed anche della notte, i laboratori, gli opifici, i cantieri, ed i lavori, in quanto siano sottoposti alla loro vigilanza, nonché i dormitori e refettori annessi agli stabilimenti”, gli ispettori del lavoro debbono “astenersi dal visitare i locali annessi a luoghi di lavoro e che non siano direttamente o indirettamente connessi con l'esercizio dell’azienda, sempre che non abbiano fondato sospetto che servano a compiere o a nascondere violazioni di legge” (art. 8, D.P.R. n. 520/1955).
Il potere di accesso loro riconosciuto trova pertanto limiti legati alla inviolabilità del domicilio privato che non costituisca propriamente “luogo di lavoro” e che la giurisprudenza costituzionale ha inteso chiarire nella sentenza n. 10 del 1971.

 

Il sistema sanzionatorio

Alla minore incisività dei poteri di accertamento rimessi al personale ispettivo corrisponde altresì quella del sistema sanzionatorio delle irregolarità dei rapporti di lavoro che si svolgono in ambito familiare, e dunque anche dell’effetto di deterrenza cui esso tende.
La stessa sanzione che punisce il ricorso al lavoro “nero” – c.d. “maxisanzione” – è infatti circoscritta ai rapporti di lavoro che intercorrono con i datori di lavoro-imprenditori e non con le famiglie.
L’incipit dell’art. 3, comma 3, del d.l. n. 12/2002, conv. da L. n. 73/2002 e ss.mm., sanziona infatti “l’impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico”.
A fronte quindi di un eventuale rapporto di lavoro “in nero” che si svolga in ambito familiare, i principali strumenti di cui dispone il personale ispettivo sono la conciliazione monocratica e la diffida accertativa, disciplinate rispettivamente dagli art. 11 e 12 del d.lgs. n. 124/2004.
La conciliazione monocratica è una procedura azionabile sulla sola base di una richiesta di intervento da parte del lavoratore (a prescindere dunque dall’accertamento ispettivo) volta a dirimere i contrasti tra datore di lavoro e lavoratore garantendo, a differenza delle conciliazioni ex art. 410 c.p.c., anche un trattamento contributivo sul periodo di lavoro riconosciuto dalle parti.
È in sostanza un istituto deflattivo tanto dell’attività di vigilanza quanto dell’eventuale contenzioso giudiziario, che soggiace però alla condizione/limite della effettiva volontà delle parti di evitare aggravi processuali o indagini ispettive (queste ultime peraltro, come detto, di problematica fattibilità).
La diffida accertativa è invece un provvedimento emanato dall’Ispettorato costituente vero e proprio titolo esecutivo per il soddisfacimento delle pretese economiche del lavoratore, che però, a differenza della conciliazione monocratica, non può prescindere dalla acquisizione di elementi probatori testimoniali o documentali.
Nell’ambito dei rapporti di lavoro domestico, la diffida accertativa è perciò normalmente utilizzata nei casi di mancata o inesatta corresponsione delle retribuzioni piuttosto che nelle ipotesi di vero e proprio lavoro “nero”.

 

Semplificazione del lavoro domestico

Stanti le cennate problematiche legate all’accertamento e al regime sanzionatorio di comportamenti elusivi, il tema delle irregolarità nell’ambito del lavoro domestico è stato per altro verso affrontato attraverso l’introduzione di strumenti utili a snellire le vicende burocratiche di instaurazione e di gestione dei rapporti, in particolare di quelli di breve durata.

Già nella originaria formulazione del d.lgs. n. 276/2003, infatti, la disciplina dei c.d. “voucher” (ora abrogati) prevedeva la possibilità di retribuire attraverso buoni di “lavoro accessorio” una serie di attività di breve durata, fra cui i “piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa la assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap” (art. 70).
La disciplina dei “voucher” è andata nel tempo soggetta a numerose modifiche ed integrazioni, sino ad essere sostituita dalle “prestazioni occasionali” di cui all’art. 54 bis del d.l. n. 50/2017 (conv. da L. n. 96/2017) che – in verità senza grandi differenze rispetto al passato – hanno previsto una semplificazione della disciplina dei rapporti di lavoro, in particolare attraverso lo strumento del c.d. “libretto famiglia”, anche nell’ambito dei “piccoli lavori domestici, compresi lavori di giardinaggio, di pulizia o di manutenzione; assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con disabilità; insegnamento privato supplementare”.
È probabilmente questa la strada migliore per poter affrontare il fenomeno del lavoro irregolare in ambito familiare, i cui negativi effetti si riverberano senza dubbio alcuno anche sul piano della sicurezza sul lavoro. L’assioma lavoro irregolare/lavoro insicuro è difatti ampiamente comprovato anche nell’ambito dei lavori domestici, laddove gli infortuni sono all’ordine del giorno, sebbene non balzino frequentemente agli onori della cronaca.

Redazione DOMINA

 

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