Lavoro domestico, non (più) solo per donne.

Dal 2015 aumento più intenso per gli uomini, con oltre 40 mila “badanti” maschi

Dall’Osservatorio INPS sul lavoro domestico, pubblicato alla fine di giugno, è possibile osservare nel dettaglio le caratteristiche dei lavoratori domestici in Italia, nonché l’evoluzione del fenomeno nel corso degli anni. Nel 2021, il numero di lavoratori domestici è aumentato rispetto all’anno precedente, arrivando a 961.358 unità.
In pochi sanno, però, che questa crescita è trainata soprattutto dalla componente maschile. Rispetto al 2015, l’aumento complessivo è di poco più di 50 mila unità (+6,3%). Se le donne hanno registrato un aumento di solo il 3,2%, l’incremento della presenza maschile è stato di addirittura il 27,9%. In particolare, i “badanti” uomini sono la categoria cresciuta di più negli ultimi sei anni (+47,7%), mentre le colf donne sono l’unica categoria in calo (-6,3%). Di conseguenza, aumenta anche l’incidenza degli uomini sui lavoratori domestici totali. Se fino al 2019 gli uomini rappresentavano meno del 12% del totale, la percentuale ha superato il 13% nel 2020 e addirittura il 15% nel 2021.

Distribuzione per genere e tipologia di mansione

La serie storica per genere e tipologia di rapporto illustra ulteriormente le dinamiche in corso. Tra le donne, nel 2015 il divario tra colf e badanti era netto, con un rapporto di 12 colf ogni 10 badanti. Il gap è stato colmato nel 2019, arrivando ad una sostanziale parità, per poi seguire una tendenza simile nei due anni successivi, con l’aumento del 2020 e la stabilizzazione del 2021. Tra gli uomini, invece, gli operatori dedicati alla cura delle persone (badanti) sono passati progressivamente da 28 mila a 41 mila, registrando un +47,7%.
Gli addetti alla cura della casa (colf), hanno registrato invece un trend di calo progressivo fino al 2019, per poi crescere nel 2020 e 2021. Interessante anche la differenza di provenienza: tra le donne, il 40,2% viene dall’Est Europa e il 32,3% dall’Italia. Tra gli uomini, invece, il gruppo più numeroso è quello dell’Asia orientale (escluse Filippine), pari al 30,4% del totale. Considerando anche le Filippine, l’Asia rappresenta oltre il 40% dei lavoratori domestici uomini. Consistente anche la componente africana, pari al 20,5% tra gli uomini (e solo il 4,9% tra le donne). Essendo soprattutto asiatici e africani, è possibile che per i giovani giunti in Italia via mare il lavoro domestico rappresenti la prima forma di inserimento lavorativo. Da considerare, inoltre, che i dati proposti includono buona parte dei lavoratori regolarizzati con la “sanatoria 2020”.








Infine, è interessante osservare come, sul territorio nazionale, la presenza femminile non sia uniforme. Mediamente, le donne rappresentano l’84,9% dei lavoratori domestici. In sette regioni la percentuale femminile supera il 90%, con il picco massimo in Valle d’Aosta (93,4%). Sotto la media nazionale, invece, troviamo – ad esempio – Lazio e Lombardia. In Campania e in Sicilia, inoltre, la componente maschile supera il 20%.


Secondo Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale di DOMINA, “anche il lavoro domestico è cambiato, come molti segmenti della società, e non è più un comparto esclusivamente femminile. Oggi gli uomini impiegati nel comparto sono quasi 150 mila, pari al 15% del totale. Si tratta di una componente molto dinamica, cresciuta di quasi il 30% negli ultimi sei anni. Poco nota, in particolare, la figura del “badante”: 40 mila lavoratori uomini addetti alla cura della persona. Si tratta di dinamiche importanti, che danno prova dell’Italia che cambia. E a cui anche le politiche per la famiglia, e per la non autosufficienza, dovrebbero adeguarsi”.



Redazione DOMINA
28/09/2022
 

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