La
Legge di Bilancio 2022 ha riconosciuto, in via sperimentale, una riduzione dei contributi previdenziali a carico delle
lavoratrici madri che sono rientrate dal periodo di
maternità nel 2022. Questo sgravio si tradurrà in un aumento della
busta paga delle mamme. È una agevolazione che cerca di venire incontro ai costi della maternità e che, se si confermasse anche per gli anni successivi, può essere un valido aiuto per le neo mamme che rientrano al lavoro e devono affrontare i costi dell’asilo nido o della baby - sitter. Una delle novità è che questo riguarda anche le lavoratrici nel lavoro domestico. L’Osservatorio DOMINA sul lavoro domestico sottolinea da anni che si tratta di lavoratrici che non hanno le stesse tutele delle altre lavoratrici dipendenti in caso di maternità. Infatti, nel
lavoro domestico è concessa solo la maternità obbligatoria2 (5 mesi) e non il congedo parentale (facoltativo). Inoltre, a differenza delle altre lavoratrici dipendenti che possono usufruire della maternità senza particolari vincoli, le lavoratrici domestiche devono aver accumulato un numero minimo di contributi. Oltre alla mancanza di congedo facoltativo non hanno diritto ai permessi per allattamento, né al congedo per la malattia del figlio.
Dagli ultimi dati disponibili le
lavoratrici nel settore domestico che potrebbero fare richiesta di questo sgravio sono solo 5 mila: infatti sono 5.542 le lavoratrici che hanno fatto almeno un giorno di maternità nel 2021. Si tratta di un’ipotesi di massima visto che non è detto che tutte queste lavoratrici siano rientrate nel 2022. Il dato significativo è che negli anni le “mamme” nel lavoro domestico sono diminuite: nel 2015 erano quasi 11 mila le lavoratrici domestiche con almeno un giorno di maternità, in sette anni il dato si è dimezzato Si tratta di un settore in cui operano molte lavoratrici “anziane”, infatti il 71% delle lavoratrici ha almeno 45 anni, contro il 43% delle altre lavoratrici. Anche per questo l’incidenza delle mamme domestiche sul totale lavoratrici domestiche è inferiore al 1%, mentre per le dipendenti arriva al 3,7%. Ma il fatto che si tratti di un numero esiguo di mamme non è un buon motivo per dare a queste lavoratrici minori diritti. Dalle stime dell’Osservatorio DOMINA basterebbero 10 milioni per equiparare i loro diritti a quelli delle altre neo mamme.
Infatti, la maternità delle lavoratrici domestiche è costata all’INPS 12,3 milioni di euro3 . Da questi valori riusciamo a calcolare anche il possibile costo della maternità facoltativa. Nel periodo di congedo parentale l’INPS eroga una indennità pari al 30% della retribuzione per 6 mesi, è possibile quindi stimare un aggravio per le casse dell’INPS per la maternità facoltativa delle 5.542 domestiche di circa 7 milioni. Considerando gli indennizzi ricevuti per la maternità obbligatoria delle neo mamme e utilizzando (in base al CCNL del lavoro domestico) come coefficiente giornaliero 26 giorni è stato possibile stimare il costo orario delle neo mamme ed il conseguente costo dell’INPS per sostenere le 2 ore di allattamento giornaliero fino al compimento dell’anno del bambino. La stima del costo totale per l’allattamento è pari a 3 milioni. Possiamo concludere che con una spesa massima di 10 milioni l’INPS potrebbe garantire anche alle lavoratrici domestiche tutti i diritti legati alla maternità che hanno le altre dipendenti.
Commenta Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale DOMINA “Si avvicina la festa della mamma e garantire anche alle “mamme” impiegate nel lavoro domestico gli stessi diritti delle altre dipendenti è doveroso. Si tratta di lavoratrici indispensabili per le famiglie che ci consentono di gestire i nostri cari e le nostre case, e che devono avere tutti gli strumenti per gestire i loro figli”.
Redazione DOMINA
14/05/2022